Roma, 18 dicembre 2020 – Gli oncologi italiani incontrano alcune difficoltà nelle procedure per l’accesso anticipato alle terapie anticancro. E’ il così detto “early access” e nel nostro Paese esistono delle particolari norme che consentono e disciplinano la prescrizione di farmaci in molti casi già approvati dall’ente regolatorio europeo (EMA, European Medicines Agency) ma non ancora rimborsati dal nostro sistema sanitario nazionale. La prima è la legge 648/1996 che consente di erogare un farmaco, in corso di sperimentazione clinica o con un’indicazione terapeutica diversa, essendo stato inserito in una lista approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Esiste poi il Fondo AIFA del 5% che permette l’uso di farmaci orfani per il trattamento di patologie rare o di cure in attesa di commercializzazione. Vi è la legge 94/1998 che autorizza l’utilizzo, “off label”, di particolari trattamenti sotto la responsabilità di un medico, e gli usi nominali che sono consentiti grazie alla fornitura gratuita del farmaco da parte delle aziende farmaceutiche. Secondo un recente sondaggio promosso dall’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ben il 90% degli specialisti ha avuto esperienza diretta con l’early access per ottenere “in anteprima” i farmaci antitumorali. Tuttavia il 33% dichiara di aver avuto problemi con le procedure burocratiche nella richiesta di un farmaco nell’ambito del Fondo 5% di AIFA. Uno su cinque dichiara invece di aver desistito dal portare avanti ulteriori richieste in seguito alle risposte negative da parte dell’ente regolatorio. Il 12% invece ha incontrato le stesse difficoltà nell’accesso alle terapie in base alla legge 648/1996. Il 22% invece ha riscontrato problemi nella richiesta dell’uso off label garantito dalla 94/1998. L’indagine viene presentata oggi con una conferenza stampa virtuale promossa nell’ambito di una campagna realizzata da AIOM e resa possibile con il supporto non condizionato di Astrazeneca. “L’accesso anticipato ad alcune terapie rappresenta una grande opportunità nonché un diritto per i pazienti oncologici – afferma Massimo Di Maio, Segretario Nazionale AIOM -. Sono trattamenti assolutamente sicuri e di comprovata efficacia in quanto hanno già avuto un parere favorevole da parte delle autorità europee. Il loro utilizzo deve essere senza dubbio regolamentato da regole precise per garantire sempre la salute del malato e tutelare il lavoro dello specialista. Dalla nostra indagine però emergono delle oggettive problematiche procedurali per tutte e tre le norme vigenti in Italia. Per quanto riguarda, per esempio, le richieste al fondo 5%, l’AIFA deve necessariamente rispondere ad ogni domanda valutando il singolo caso. Il riscontro può arrivare in tempi variabili, a volte anche dopo oltre un mese, e questo rischia in alcuni casi di essere un tempo d’attesa troppo lungo. Quando richiediamo l’accesso anticipato ad un farmaco è molto spesso per curare tumori, rari o frequenti, in stadi avanzati, spesso dopo il fallimento delle terapie standard. Il nostro auspicio è che l’AIFA riesca ad accelerare i tempi di approvazione, compatibilmente con il fatto che l’attuale accesso al fondo prevede una valutazione paziente per paziente e non è prevista un’approvazione automatica per ogni singola indicazione”. Il sondaggio promosso dall’AIOM evidenzia anche la non sempre ineccepibile preparazione degli oncologi italiani su questo particolare aspetto della loro professione. Il 19% sostiene di avere un aggiornamento insufficiente sui programmi di expanded access e uso nominale: vale a dire con un farmaco fornito gratuitamente dall’azienda farmaceutica. Il 26% afferma di non essere preparato in modo adeguato sulle norme che regolano il Fondo del 5%. Il 15% sostiene lo stesso per quanto riguarda invece le richieste di un farmaco off label. “Sono ora necessarie e non più rinviabili delle attività di formazione specifiche per tutti i medici oncologici – sottolinea Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM -. Quello dell’early access è infatti un aspetto della nostra professione in continua evoluzione e che richiede un costante aggiornamento. Il rischio concreto è che vi siano delle disparità di opportunità di cura per i pazienti assistiti nelle varie strutture sanitarie. Più un oncologo medico sa destreggiarsi in questo ambito medico-burocratico complesso, più facilmente il malato potrà ottenere il prima possibile un farmaco innovativo. Siamo convinti che questo compito di formazione spetta in primis alle Società Scientifiche e quindi come AIOM avvieremo corsi specifici per i professionisti”.
AIOM: il 90% degli oncologi chiede in “anteprima” un farmaco innovativo
18 Dicembre 2020 | 0 commenti