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Oltre la malattia

Tumori: 800mila pazienti ogni anno costretti a curarsi fuori Regione. “Ancora troppe disparità, sia approvato subito il Piano Oncologico”

Roma, 15 maggio 2014 – “Ogni giorno 1000 nuove diagnosi e 470 decessi. Il cancro è una vera e propria epidemia. Ma il sistema oggi non è in grado di rispondere in modo adeguato alle esigenze di questi malati e delle persone che hanno ormai superato la malattia, i cosiddetti lungosopravviventi, pari a circa 2 milioni. Sono ancora troppe le discrepanze territoriali. Ogni anno quasi 800mila italiani colpiti dal cancro sono costretti a cambiare Regione per curarsi. Soprattutto dal Sud verso il Nord: dalla Campania 55mila persone, dalla Calabria 52mila, dalla Sicilia 33mila, dall’Abruzzo 12mila e dalla Sardegna 10mila. Il valore economico annuo di queste migrazioni sanitarie è pari a 2 miliardi di euro. Gli strumenti per migliorare la situazione esistono, ma non sono applicati. Il Piano Oncologico Nazionale 2011-2013 non è ancora stato realizzato. La prossima approvazione del Patto della Salute deve necessariamente includere anche questo documento, per garantire ai malati di cancro il diritto alla riabilitazione e al sostegno psicologico”. Francesco De Lorenzo, presidente FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), alla presentazione del VI Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, oggi al Senato nel corso della IX Giornata nazionale del malato oncologico, si rivolge direttamente alle Istituzioni perché intervengano. “È arrivato il momento di credere nelle riforme – sottolinea De Lorenzo -. Senza il recepimento dei principi contenuti nel Piano Oncologico Nazionale, il Patto della Salute finirebbe con il penalizzare i malati di cancro in tutta Italia. La situazione fotografata nel VI Rapporto richiede urgenti disposizioni normative, anche in tema di tutela della fertilità, e risorse da destinare ai servizi. Il cancro rappresenta la prima causa di accettazione delle domande di inabilità e disabilità, con conseguenze inevitabili sul piano lavorativo e sociale”. È necessario agire su piani diversi, a partire dalle liste di attesa che, per la chirurgia oncologica, raggiungono una media di 60 giorni. Con conseguenze sulla salute dei malati e con oneri aggiuntivi dovuti al ricorso alle strutture private. “Secondo i dati 2009 delle schede di dimissione ospedaliera dalle strutture di chirurgia oncologica del tumore alla mammella riportati in Oncoguida – conclude De Lorenzo -, nel Lazio 53 su 100, nel Veneto 15 su 61 e in Emilia Romagna 27 su 58 hanno trattato meno di 15 casi. Per il tumore del colon retto, nel Lazio 43 su 106 strutture, nel Veneto 16 su 62 e in Emilia Romagna 35 su 75 hanno trattato meno di 15 casi. È chiaro che andrebbero riconvertite, perché non rispondono a livelli sufficienti di esperienza. È evidente anche la disomogeneità territoriale nella distribuzione degli acceleratori lineari (linac), apparecchiature fondamentali per i trattamenti radioterapici. Alcune Regioni raggiungono, a volte superandoli, gli standard europei che prevedono dalle 7 alle 8 macchine di alta energia per milione di abitanti, altre invece sono molto al di sotto di questi parametri. In Italia vi sono complessivamente 377 acceleratori lineari, che devono essere utilizzati da almeno 228mila persone. Nelle regioni del Nord si trovano 184 apparecchiature, pari a 6.7 per milione di abitanti, nel centro 99, pari 7.4 per milione di abitanti, nel Sud ed isole 94, pari a 4.9 per milione di abitanti”.

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