28 febbraio 2022 – Quando il Covid-19 entra in casa, le probabilità che venga trasmesso a un membro della famiglia sono grosso modo le stesse, sia che a portarlo sia un adulto sia che a farlo sia un bambino. Le cose cambiano un po’ se a infettarsi sono gli adolescenti o gli anziani: nel primo caso le probabilità di un ulteriore contagio sono più basse, nel secondo più alte. È quanto emerge da uno studio condotto da diverse istituzioni americane, tra cui i Centers for Disease Control and Prevention, pubblicato sulla rivista Pediatrics. La ricerca si è concentrata su 226 nuclei familiari seguiti dall’inizio della pandemia fino ad aprile 2021. Dopo l’infezione da SarsCov2 in uno dei membri della famiglia, i ricercatori hanno osservato 198 contagi tra i 404 familiari esposti. Secondo l’analisi, il 58% ha infettato almeno un familiare. Esistono tuttavia diversi distinguo.
Il rischio più basso che il virus si diffonda in famiglia si ha quando ad ammalarsi è un adolescente: in tal caso le probabilità sono del 26%; quando il primo a prendere il virus è invece un ultra-65enne le probabilità che qualcun altro venga infettato salgono al 76%; nelle altre fasce di età si oscilla intorno al 50%. Al contrario, quando un membro della famiglia si infetta, la classe di età che ha minori probabilità di contrarre a sua volta il virus è quella degli ultra-65enni: non è chiaro se ciò sia dovuto al fatto che al momento dello studio gli ultrasessantacinquenni rappresentavano la classe di età in cui erano più alti i tassi di vaccinazione o a comportamenti di maggiore prudenza. I bambini tra i 5 e gli 11 anni sono invece quelli che rischiano di più. Lo studio, infine, mostra che in casa le probabilità che ci si contagi tra coetanei (per esempio tra fratelli o tra partner) sono del 47% più alte rispetto a quelle che l’infezione si diffonda tra persone di età diversa.