2 febbraio 2022 – Potenziamento ed ammodernamento sostanziale degli Ospedali e dei Policlinici universitari del nostro Paese attraverso l’aumento dei posti letto di degenza ordinaria e delle terapie intensive e la riorganizzazione dell’area medica con attivazione al suo interno delle unità di terapia semi-intensiva. Non solo. Rinforzo dei servizi di diagnosi e cura e dell’Emergenza Urgenza e la sua integrazione con l’Emergenza pre-ospedaliera, riattivazione immediata degli screening oncologici su tutto il territorio e creazione delle reti assistenziali per patologie. Senza dimenticare l’attivazione e diffusione di programmi avanzati di telemedicina, oltre alla richiesta di nuovi ulteriori ingenti fondi per la sanità, immediatamente fruibili che permettano all’Italia di affrontare l’emergenza causata dalla pandemia e la fase di sviluppo e ricostruzione successiva alla crisi sanitaria. Sono questi i principali obiettivi per cui è nato il “Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani” (FoSSC), la prima realtà che nel nostro Paese riunisce i medici di diverse discipline che ogni giorno curano i pazienti negli ospedali, istituita su precisa richiesta del Ministro della Salute per avviare un’interlocuzione con i professionisti che assistono milioni di cittadini. Il Forum è presentato oggi in una conferenza stampa virtuale.
I soci fondatori ed ordinari sono AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), AIPO (Associazione Nazionale Pneumologi Ospedalieri), AUORL (Associazione Universitaria Otorinolaringoiatri), CIC (Collegio Italiano dei Chirurghi), FADOI (Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti), FISMAD (Federazione Italiana delle Società delle Malattie dell’Apparato Digerente), FOCE (Confederazione Oncologi Cardiologi e Ematologi), SIC (Società Italiana di Cardiologia), SICT (Società Italiana di Chirurgia Toracica), SIE (Società Italiana di Ematologia), SIE (Società Italiana di Endocrinologia), SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia), SIMEU (Società Italiana Medicina Emergenza ed Urgenza), SIMIT (Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali), SIN (Società Italiana di Neurologia), SIR (Società Italiana di Reumatologia) e SIU (Società Italiana di Urologia). Inoltre, vi sono altre 9 società aderenti che afferiscono alle stesse discipline e la diabetologia e la pediatria che ne condividono in pieno obiettivi ed azioni.
“Rappresentiamo i professionisti che assistono i cittadini nei reparti – afferma Francesco Cognetti (Coordinatore del Forum) -. Forti della nostra esperienza diretta sul campo, vogliamo porci come interlocutori privilegiati per proporre soluzioni concrete alle Istituzioni. Lo stato dell’assistenza nei nosocomi del nostro Paese richiede interventi urgenti. La vita media di moltissime strutture ha superato ogni limite plausibile e sono addirittura inadeguate anche solo ad ospitare le nuove tecnologie. Per questo servono una profonda modernizzazione e più risorse. Dobbiamo tornare indietro e abbandonare definitivamente tutte le politiche di deospedalizzazione che hanno profondamente colpito il settore negli ultimi 40 anni. Gli Ospedali e i Policlinici universitari sono stati mortificati e ridotti nella loro dotazione di posti letto di degenza ordinaria, terapia intensiva, di medici specialisti e finanziamenti rispetto a tutti i Paesi dell’Europa occidentale. Queste strutture vanno rifondate, recuperando il gap esistente con quasi tutti gli altri Paesi”.
Gli operatori sanitari sono inadeguati in rapporto alla popolazione del nostro Paese: i medici specialisti ospedalieri sono circa 130mila, 60mila unità in meno della Germania e 43mila in meno della Francia ed è sotto gli occhi di tutti la crisi profonda dei Pronto Soccorso e dell’intero settore dell’Emergenza-Urgenza. Tutte queste criticità si sono solo acuite per la pandemia ma, in realtà, erano evidenti anche nelle condizioni di normalità, perché realizzatesi dopo decenni di tagli irresponsabili e mancata programmazione di strutture, personale e risorse che hanno depauperato in modo irreversibile il sistema sanitario. “È necessario investire nelle discipline medico-chirurgiche e nel mondo delle professioni sanitarie per raggiungere gli standard europei e pensare seriamente all’introduzione di nuove figure professionali che promuovano la rifondazione negli ospedali delle infrastrutture dell’informazione e comunicazione (ICT) – sottolineano le società scientifiche del ‘Forum’ -. Inoltre, va ripensata l’attuale gestione monocratica delle Aziende Ospedaliere e Universitarie, considerando innanzitutto l’alta complessità dei processi clinici che devono essere governati in modo partecipato, diffuso e decentrato anche attraverso il coinvolgimento delle professioni e delle discipline mediche come parte fondamentale della governance del sistema”.
Va affrontato anche il problema del numero complessivo di posti letto ordinari, che è molto più basso rispetto alla media europea (314 rispetto a 500 per 100mila abitanti) e colloca l’Italia al 22esimo posto tra tutti i Paesi del Vecchio Continente. Anche per i posti letto in terapia intensiva l’Italia non brilla: se in era pre-Covid avevamo 8,6 posti ogni 100 mila abitanti, con l’emergenza sanitaria era stato previsto che venissero aumentati fino a 14 ma, in realtà, solo una piccola parte risulta effettivamente attivata e, comunque, con numeri nemmeno paragonabili rispetto, ad esempio, alla Germania (33 posti letto ogni 100mila abitanti). Tutto questo con evidenti drammatiche ricadute sulla qualità dell’assistenza, come testimoniato dall’inaccettabile fenomeno dell’attesa per il ricovero nei Pronto Soccorso di tutta la Penisola, che ha raggiunto dimensioni quantitative e temporali inedite e pericolose per la salute dei cittadini.
“FoSSC è una struttura agile che vuole collaborare con le Istituzioni nazionali e regionali a una revisione profonda e radicale del Decreto Ministeriale sugli standard ospedalieri (DM 70 del 2 aprile 2015) – spiegano le società scientifiche -. Questa riforma è importante e urgente, anche alla luce degli allarmanti dati sulla grave sofferenza dei nosocomi, che ha già prodotto tanti decessi per Covid nel nostro Paese, e per recuperare i ritardi accumulati in questi due anni di pandemia. Va ripensato anche il territorio, con strutture ad hoc ambulatoriali e residenziali, in grado di farsi carico di funzioni finora impropriamente svolte dai nosocomi, quali screening, follow up, riabilitazione, assistenza domiciliare e cure palliative, nonché filtro al ricorso inappropriato al Pronto Soccorso. È ferma però la nostra contrarietà agli ‘ospedali di comunità’ che rientrano in una concezione obsoleta, inadeguata a far fronte alle tante e diverse complessità poste in essere dalle domande di salute della medicina moderna. Servono invece ‘presidi’ residenziali per pazienti cronici stabilizzati che richiedono cure in regime di degenza ordinaria. La razionalizzazione del sistema sanitario deve prevedere una profonda revisione del modello ospedaliero per acuti attraverso la diffusione di reti assistenziali per singole patologie che vedano la collocazione del paziente al centro del sistema. Questa riorganizzazione può essere attuata secondo il modello ‘Hub e Spoke’, in una visione integrata tra le reti ospedaliere e quelle dei servizi territoriali”.
“La pandemia, inoltre, ha evidenziato il ruolo della telemedicina – concludono le società scientifiche -. Servono però norme specifiche che regolino queste attività digitali, anche a tutela dei medici che le svolgono. E questi programmi non potranno comunque prescindere dalla periodica osservazione in presenza dei pazienti da parte dei medici di famiglia e degli specialisti. Sono pari a circa 20 miliardi di euro le dotazioni economiche destinate al settore della sanità dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La maggior parte di queste risorse sono quindi indirizzate al territorio e quasi nulla agli ospedali. È indispensabile anche affrontare la ‘questione meridionale’: gli ospedali del Sud soffrono gravi carenze e, in una situazione del genere, rischiamo di non riuscire a garantire servizi adeguati ai pazienti. È quindi necessario acquisire nuovi finanziamenti perché il PNRR prevede pochissime risorse per l’assistenza ospedaliera”.