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Tumori: -5% di mortalità dal 2015. Ma il Covid mette a rischio i pazienti AIOM

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Roma, 29 ottobre 2020 – In Italia i tumori provocano meno decessi rispetto alla media europea. In particolare, dal 2015 a oggi si stima una diminuzione complessiva del 5% della mortalità per cancro nel nostro Paese. Nelle donne, il tumore dello stomaco (-20%), della tiroide (-15%) e dell’esofago (-12%) fanno registrare le riduzioni più importanti, negli uomini le neoplasie della laringe (-28%), della prostata (-15%) e dello stomaco, colon-retto e polmone (-11%). La pandemia causata dal Covid-19, però, sta mettendo a rischio la continuità di cura delle persone colpite da neoplasia. Non solo. Il decorso dell’infezione può essere peggiore in questa popolazione. Una revisione sistematica di 52 studi, pubblicata sul European Journal of Cancer, ha considerato 18.650 pazienti oncologici colpiti dal virus: 4.243 sono deceduti, con un tasso di mortalità complessivo pari al 25,6%. Ricerca, accessibilità e organizzazione sono i tre pilastri su cui bisogna intervenire per garantire le cure migliori a tutti i cittadini colpiti da neoplasia. Il punto di incontro ideale è l’effettiva realizzazione delle Reti oncologiche regionali, presenti solo in alcune Regioni e con criteri diversi. È l’appello lanciato oggi dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), nella conferenza stampa di presentazione del XXII Congresso Nazionale della società scientifica, che si svolge da domani fino all’1 novembre in forma virtuale.
“Il Covid-19 ha dimostrato quanto sia necessario rendere subito operative le Reti oncologiche regionali in tutto il territorio – afferma Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM e Responsabile Oncologia Medica Humanitas Gavazzeni di Bergamo -. La continuità di cura è stata garantita ai livelli più alti proprio nelle Regioni dotate di Reti, perché l’accesso ai trattamenti è possibile anche nelle sedi periferiche sulla base di indicazioni condivise, limitando così gli spostamenti dei malati. Oggi le Reti sono attive in Piemonte e Valle D’Aosta, Veneto, Toscana, Umbria, Liguria, Provincia autonoma di Trento, Puglia e Campania oltre che in Lombardia ed Emilia-Romagna, pur se con configurazioni differenti. E troppi malati sono costretti a cambiare Regione per curarsi”.

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