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Oltre la malattia

17 Settembre 2024
di intermedianews
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Tumori: crescono le forme aggressive tra le giovani donne

Sempre più casi di tumori aggressivi nelle giovani donne, come il cancro al pancreas, ma anche allo stomaco o al colon-retto e mieloma. Uno studio promosso e coordinato dall’Istituto nazionale tumori Regina Elena (Ire) di Roma e dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibbc-Cnr), pubblicato sulla rivista ‘Bmc Medicine’ del gruppo Springer Nature, evidenzia “un significativo aumento dell’incidenza di tumori aggressivi” nelle under 35. Un trend probabilmente legato alla diffusione di stili di vita poco sani, ipotizzano gli autori. Al lavoro hanno collaborato anche l’Istituto per le applicazioni del calcolo ‘Mauro Picone’ del Cnr e l’Unità di Biostatistica, epidemiologia e sanità pubblica dell’università di Padova.

L’analisi, basata su oltre 10 milioni di casi registrati nel database Seer (Surveillance, Epidemiology and End Results del National Cancer Institute Usa) tra il 2000 e il 2020 e relativa alla popolazione statunitense – riporta una nota – mostra un incremento particolarmente rapido dell’incidenza di cancro al pancreas nelle donne tra i 18 e i 34 anni, con tassi di crescita quasi doppi rispetto agli uomini della stessa fascia di età. I dati indicano un tasso medio annuo di crescita del 9,37% tra le donne di età compresa tra i 18 e i 26 anni, rispetto al 4,43% tra gli uomini. Oltre al cancro al pancreas, si è registrato tra le giovani donne un aumento dei tassi di incidenza di altri tumori aggressivi, come quello gastrico, il mieloma e le neoplasie del colon-retto.

Questa tendenza, secondo gli esperti, potrebbe essere spiegata da cambiamenti negli stili di vita delle nuove generazioni, con un aumento dell’esposizione precoce a fattori di rischio tipici della popolazione adulta, come obesità, diabete, eccessivo consumo di alcol e di sigarette. La crescita di questi tumori a esordio precoce richiede un’attenzione particolare da parte di ricercatori e medici, indirizzando ogni sforzo verso diagnosi precoce e terapie innovative. “I risultati della nostra ricerca – afferma Luca Cardone, ricercatore Ire e Cnr-Ibbc, responsabile e coordinatore dello studio – dimostrano che soprattutto negli ultimi 10 anni si è osservato un incremento generale dell’incidenza, tra i giovani, di alcuni tumori che presentano tassi di letalità elevati. Inoltre, i nostri studi rivelano una disparità di genere nei giovani sotto i 35 anni, con le donne che mostrano tassi di incidenza maggiori degli uomini per alcuni di questi tumori particolarmente aggressivi. Studi mirati sono attualmente in corso per indagare i trend di esposizione nei giovani adulti a fattori di rischio comuni per le neoplasie in aumento, come obesità, diabete, consumo di alcol e di sigarette”.

“Alla luce di questi dati – sottolinea Gennaro Ciliberto, direttore scientifico Ire – è fondamentale promuovere campagne di sensibilizzazione sui rischi associati a stili di vita non salutari tra i giovani adulti, e considerare lo sviluppo di programmi di screening specifici per gruppi a rischio. Sebbene manchino ancora linee guida consolidate per la diagnosi precoce di tumori come quello pancreatico, soprattutto tra i giovani, una maggiore attenzione e consapevolezza dei sintomi potrebbe favorire la diagnosi precoce e migliorare significativamente gli esiti clinici di queste patologie aggressive”.

16 Settembre 2024
di intermedianews
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AIOM: “In oncologia più voce ai pazienti con questionari ad hoc”

“Come ti sei sentito oggi?”, “Ti senti nervoso?”, “Provi dolore?”, “Hai nausea e vomito?”, “Riesci a fare una lunga passeggiata?”. A queste domande rispondono sempre più pazienti oncologici attraverso questionari ad hoc, i Patient-Reported Outcomes, ovvero esiti/risultati riportati dal paziente. “I PRO sono un report diretto della condizione del paziente, senza il filtro, l’interpretazione e la modifica da parte degli operatori sanitari. Sono ormai considerati gold standard per la valutazione dei sintomi soggettivi, sia nella pratica clinica negli studi clinici. Pur essendo consapevoli della complessità dei Pro come endpoint, i risultati mostrati nel corso sia degli ultimi anni da vari studi clinici dell’impatto di questo strumento sulla qualità di vita dei pazienti supportano nell’incoraggiare un cambiamento culturale e gestionale da parte delle direzioni sanitarie sull’opportunità di far interagire la cartella clinica elettronica con gli strumenti in grado di raccogliere i PRO”.

E’ quanto sottolinea il prof. Massimo Di Maio, Presidente Eletto di AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) in occasione del congresso ESMO (European Society for Medical Oncology) in corso in questi giorni a Barcellona. “Anche in oncologia, usando questi strumenti, possiamo dare più voce ai pazienti – sottolinea Di Maio – sono loro a riferirci direttamente benessere o malessere durante il percorso diagnostico terapeutico che stanno affrontando. In ambito oncologico abbiamo sempre usato degli endpoint tradizionali per descrivere i trattamenti e la loro tossicità, un’attività questa misurata dai clinici con gli esami strumentali e non dai pazienti”. Però, “un conto è raccogliere il punto di vista del paziente semplicemente nel colloquio col paziente durante la visita – fa notare l’oncologo – un conto utilizzare degli strumenti ‘validati’, che si chiamano PROMS – Patient Reported Outcome Measures, che ci consentono di raccogliere le informazioni fornite dai paziente. In questi ultimi anni, i PROMS sono diventati sempre più importanti in due ambiti. Nella ricerca clinica – perché conosciamo meglio la qualità di vita, il benessere complessivo e i sintomi soggettivi del singolo paziente – e nella pratica clinica perché aiutano il rapporto medico-paziente, che va oltre al colloquio durante la visita”.

13 Settembre 2024
di intermedianews
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TUMORI, IN ITALIA SERVONO 14 MESI PER ACCEDERE AI FARMACI INNOVATIVI

È pari a un anno e mezzo (559 giorni, circa 18 mesi) il tempo medio in Europa (nel 2023) per disporre dei nuovi farmaci anticancro, tempi che si sono allungati di oltre un mese rispetto al 2022, quando erano pari a 526 giorni. L’Italia è più rapida rispetto alla media europea, però i pazienti oncologici del nostro Paese devono aspettare ancora 417 giorni, cioè quasi 14 mesi, per accedere ai trattamenti anticancro innovativi. Basta pensare che in Germania, che si colloca al primo posto in questa classifica, sono sufficienti 3 mesi (93 giorni). Da qui la necessità di nuovi modelli per consentire l’immediata disponibilità delle terapie salvavita, partendo dall’abolizione dei Prontuari Terapeutici Regionali (PTR), ancora presenti in 12 Regioni (Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Bolzano, Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia). La richiesta viene dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), nella conferenza stampa ufficiale della società scientifica al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), che si apre oggi a Barcellona.

“I farmaci autorizzati da EMA, l’agenzia regolatoria europea, vengono commercializzati negli Stati membri dopo periodi più o meno lunghi, che possono essere anche molto diversi – spiega Francesco Perrone, Presidente AIOM -. Il tempo che trascorre fra il deposito del dossier di autorizzazione e valutazione all’EMA e l’effettiva disponibilità di una nuova terapia nella Regione italiana che per prima rende disponibile il farmaco si aggira intorno a 14 mesi. Tempi che si sono ridotti rispetto a 5-10 anni fa, quando superavano 2 anni, ma ancora troppo lunghi perché possono penalizzare fortemente i malati oncologici. Per ridurre i tempi di latenza, devono essere aboliti i Prontuari Terapeutici Regionali e va consentita l’immediata disponibilità dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, anche nelle more delle gare regionali”. Dopo l’inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali, ulteriori ritardi possono essere causati dalle procedure burocratiche per l’inclusione anche nei Prontuari Terapeutici Ospedalieri. “Vogliamo collaborare con l’Agenzia Italiana del Farmaco, per definire nuovi modelli – continua il Presidente Perrone -. Anche il Presidente AIFA, Prof. Nisticò, ha evidenziato l’importanza di garantire procedure celeri, rigorose ed efficienti e fare in modo che i farmaci autorizzati siano effettivamente disponibili per il paziente in tempi rapidi in un’ottica di appropriatezza, sostenibilità ed efficienza. Siamo inoltre preoccupati per i lunghi tempi richiesti per l’approvazione degli studi clinici, che rendono i centri italiani meno competitivi rispetto a quelli degli altri Paesi. Nonostante vi siano regole, come il modello di contratto unico, non vengono applicate in Italia. Restano quindi difficoltà burocratiche nelle sperimentazioni che prolungano i tempi di approvazione e attivazione”.

“Nonostante il Regolamento europeo n.536 del 2014 per la ricerca clinica abbia stabilito tempi di autorizzazione allineati per tutti i Paesi membri (da un minimo di 60 giorni a un massimo di 106 a partire dalla data di sottomissione), in Italia i processi amministrativi di approvazione risultano ancora più lunghi e difficoltosi rispetto alla media europea e fino al 2025 ci sarà un periodo transitorio di validità della vecchia normativa sugli studi in corso – sottolinea Massimo Di Maio, Presidente eletto AIOM -. Inoltre, anche se vi è stata una significativa riduzione dei comitati etici, con 40 territoriali più 3 a valenza nazionale, è importante ripensare i processi a livello dei centri di sperimentazione, su cui ricadono tutti gli aspetti amministrativi, per restare competitivi. In generale, è cruciale puntare ad un’armonizzazione e semplificazione delle procedure amministrative che in tanti casi comportano mesi di attesa prima di attivare le sperimentazioni cliniche nei centri italiani: questo mette a rischio l’attrattività del nostro Paese per i promotori profit e comunque ritarda l’opportunità della partecipazione agli studi per i pazienti”. Nel 2022, sono state autorizzate da AIFA 663 sperimentazioni e quasi il 40% ha riguardato l’oncologia, una percentuale costante negli ultimi anni. “In Italia – continua Massimo Di Maio – ogni anno migliaia di cittadini colpiti non solo da tumori ma anche da altre patologie, partecipando agli studi clinici, possono beneficiare di trattamenti innovativi con grande anticipo, rispetto alla loro disponibilità e, quindi, di maggiori possibilità di guarigione, ottenendo miglioramenti anche in termini di qualità di vita. I vantaggi degli studi clinici non sono solo per i pazienti e per la scienza, infatti il Servizio Sanitario Nazionale ottiene un beneficio anche economico grazie ai costi evitati per le terapie, sostenuti dalle aziende sponsor dei trial”.

È dimostrato che un euro investito in uno studio clinico ne genera quasi 3 (2,95) in termini di benefici per il Servizio Sanitario Nazionale. L’effetto leva, determinato dai costi evitati per l’erogazione a titolo gratuito di terapie sperimentali e prestazioni diagnostiche alle persone arruolate nei trial, raggiunge addirittura 3,35 euro nelle sperimentazioni contro il cancro. Basti pensare che il costo medio di una ricerca in oncologia è di 512mila euro, ma quelli evitati sono più del doppio, pari a 1 milione e 200mila euro.

“Il Regolamento europeo ha uniformato tra loro i Paesi europei ma ha allungato di fatto i tempi di approvazione rendendo nel complesso l’Europa meno competitiva rispetto alle altre macroregioni, per cui le aziende farmaceutiche tendono ad investire altrove – afferma Giuseppe Curigliano, Presidente eletto ESMO e membro del Direttivo Nazionale AIOM -. Ad esempio, gli studi di fase I sempre più spesso iniziano negli Stati Uniti, Australia e Asia. È importante risolvere questi problemi, perché i risultati della ricerca scientifica sono evidenti. In Italia, nel 2023, sono stati stimati 395.000 nuovi casi di tumore. In tre anni, l’incremento è stato di 18.400 diagnosi. Grazie anche alle terapie innovative, l’Oncologia del nostro Paese ha fatto registrare importanti passi avanti, con migliaia di vite salvate. Dal 2007 al 2019, in Italia sono state evitate quasi 270mila morti oncologiche. E in Europa, dal 1988 a oggi, i progressi contro i tumori hanno salvato più di 6 milioni di vite. Il cancro è sempre più una malattia curabile e molti pazienti guariscono. Al Congresso ESMO sono presentati studi che cambiano la pratica clinica in neoplasie in cui non vi erano reali progressi da decenni, come quella della cervice uterina localmente avanzata. È riservato grande spazio all’immunoterapia in diversi tumori, dal melanoma a quelli ginecologici, della mammella e della vescica. Senza dimenticare gli anticorpi farmaco coniugati che sono altamente selettivi per le cellule tumorali, riducendo al minimo i danni alle cellule sane circostanti e aumentando l’efficacia del trattamento. È approfondito anche il ruolo dell’intelligenza artificiale nella diagnostica molecolare e nelle terapie, per individuare i meccanismi di resistenza alle cure e offrire nuove opzioni”.

Un ruolo decisivo nella riduzione della mortalità è svolto anche dai programmi di screening. “È necessario investire di più nella prevenzione secondaria – conclude Saverio Cinieri, Presidente Fondazione AIOM -. Nel 2023, in Italia, il 55% delle donne si è sottoposto alla mammografia per la diagnosi precoce del carcinoma mammario. Il 35% degli uomini e delle donne over 50 ha svolto la ricerca del sangue occulto nelle feci per il carcinoma del colon retto. Per la neoplasia alla cervice uterina il 41,5% delle donne ha effettuato il test HPV o il Pap Test. Sono dati in miglioramento rispetto agli anni precedenti, ma non bastano perché restano forti differenze regionali. Servono campagne di informazione per sensibilizzare la popolazione e le nuove tecnologie dovrebbero essere maggiormente sfruttate per coinvolgere i cittadini. L’Unione Europea, infatti, chiede che il 90% della popolazione che soddisfa i requisiti per lo screening del carcinoma della mammella, della cervice uterina e del colon-retto abbia la possibilità di eseguire questi esami entro il 2025”.

11 Settembre 2024
di intermedianews
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Fondazione AIOM: “Fondamentale accettazione del trattamento”

“L’accettazione del trattamento è fondamentale non soltanto per il risultato della cura, ma anche perché il paziente sia predisposto a fare il trattamento antitumorale. Sono cure che durano spesso anni”. In questo tempo “non dobbiamo permetterci che un cittadino perda la sua attività normale”. Lo ha detto Saverio Cinieri, presidente Fondazione Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), oggi a Milano, alla presentazione di una campagna nazionale.

“Noi oncologi abbiamo imparato a gestire gli effetti collaterali parlando con le pazienti – continua Cinieri – Questo, inoltre, ci ha portato a lavorare con specialità della medicina con cui avevamo pochissimi rapporti: penso agli endocrinologi, agli oculisti, agli andrologi, per cercare appunto di dare la terapia giusta al paziente giusto” nella gestione degli effetti collaterali. “Sono terapie che per fortuna ci permettono spesso di cronicizzare la malattia – sottolinea – quindi vanno somministrate per periodi lunghi di tempo. Mi colpiva il dato che il 69% dei nostri pazienti perde i capelli. E’ un dato forte, è un dato a cui si può in parte porre rimedio con l’uso dei nuovi dispositivi medici, con un miglioramento su un effetto che noi oncologi riteniamo, in terapia adiuvante, transitorio e di cui ci interessiamo relativamente, ma è sbagliato. E’ un effetto collaterale che per le pazienti è drammatico, molto più drammatico di quello che possiamo capire noi oncologi medici e noi oncologi medici maschi. Anche perché – conclude – il maschio è più abituato a perdere i capelli”.

10 Settembre 2024
di intermedianews
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Kate Middleton ha finito la chemioterapia, gli oncologi: “Ecco i prossimi passi”

“È un ottimo risultato, evidentemente non c’è persistenza del tumore dopo il ciclo di chemioterapia. E questo fa sperare che ci possa essere un lungo periodo di controllo della malattia o una guarigione che ovviamente deve essere confermata nei prossimi controlli ed esami che la principessa Kate dovrà ripetere. Noi ci auguriamo che vada tutto bene”, così Paolo Marchetti, professore ordinario di Oncologia all’Università degli Studi Sapienza di Roma e presidente della Fondazione per la medicina personalizzata, commenta il messaggio sui social con cui Kate Middleton ha annunciato “con sollievo” di aver concluso dopo nove mesi il trattamento di chemioterapia.

E’ d’accordo Rossana Berardi, oncologa e tesoriere nazionale di Aiom (Associazione italiana oncologia medica), che ha aggiunto: “Non conosciamo i dettagli ma dalle informazioni che abbiamo e dalle dichiarazioni della stessa Kate Middleton sappiamo che sicuramente la sua malattia è in una fase di remissione. Questo significa che l’obiettivo terapeutico è terminato. Tuttavia, per raggiungere il vero obiettivo, ovvero ‘restare libera dal cancro’, la principessa del Galles dovrà ripetere esami clinici, di laboratorio e strumentali ogni 3-6 mesi. Noi oncologi decretiamo la guarigione dopo alcuni anni dal termine delle cure e dalla remissione della malattia, quando i rischi di recidive sono simili a quelli osservati nella popolazione sana”.

Ad attendere la principessa Kate ci sarà un altro percorso “di follow-up, ovvero di monitoraggio – spiega Berardi che è anche professore ordinario di Oncologia Università Politecnica delle Marche e direttrice Clinica Oncologica AOU Marche – Oltre a sottoporsi a ferrei controlli dovrà ovviamente ridurre i fattori di rischio. Vale per la principessa Kate come per tutti i pazienti oncologici in follow-up: fondamentale adottare uno stile di vita corretto, quindi no a fumo e alcol, svolgere regolarmente un’attività fisica e seguire una dieta sana e bilanciata”. ”Ora che l’estate volge al termine, non posso spiegare che sollievo sia aver finalmente completato il mio ciclo di chemioterapia”, ha detto la principessa di Galles in un videomessaggio. ”Gli ultimi nove mesi sono stati incredibilmente duri per noi come famiglia. La vita come la conosci può cambiare in un istante e abbiamo dovuto trovare un modo per navigare in acque tempestose e strade sconosciute’.