In un anno (2021-2022), in Italia, gli studi clinici indipendenti, cioè non sponsorizzati dall’industria farmaceutica, sono passati dal 22,6% al 15% del totale, e prosegue il trend in calo per il 2023. Una diminuzione di oltre il 7% solo in 12 mesi, che rischia di impoverire fortemente il sistema della ricerca no profit del nostro Paese, soprattutto in aree molto critiche come l’oncologia. Servono personale, infrastrutture digitali, risorse economiche e organizzative. L’Italia, con 99 ricercatori ogni 100mila abitanti, è al quartultimo posto in Europa e ben al di sotto della media continentale (pari a 143). Mancano data manager (figura professionale destinata ancora oggi diffusamente alla precarietà nel nostro Paese), infermieri di ricerca, bioinformatici, esperti in revisione di budget e contratti. Il finanziamento pubblico in questo settore è da sempre sottodimensionato in Italia. Per questo, la FICOG (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups) chiede alle Istituzioni un deciso cambio di marcia e un incontro urgente per delineare una strategia unitaria, coordinata e condivisa. Una svolta che può essere realizzata solo con la definizione di una Rete Nazionale della ricerca clinica in oncologia. La richiesta viene dal XXV Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), in corso a Roma.
“Nel 2022 sono state autorizzate 663 sperimentazioni dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e quasi il 40% ha riguardato l’oncologia, una percentuale costante negli ultimi anni – spiega Carmine Pinto, Presidente FICOG -. Non è così per la ricerca accademica non sponsorizzata. Le difficoltà a cui va incontro sono sintetizzate nella diminuzione degli studi indipendenti: da 185 nel 2021 (22,6% del totale) a 98 nel 2022 (15%), ed il trend è in riduzione anche per il 2023. Pur avendo poche risorse a disposizione, gli studi condotti in Italia hanno cambiato la pratica clinica a livello nazionale e internazionale in diversi tipi di tumori, portando alla modifica di linee guida e raccomandazioni. E i lavori scientifici italiani in ambito oncologico sono tra i più citati al mondo. Il drastico calo delle ricerche indipendenti, però, impone un cambio di passo e una programmazione unitaria”.
Il Regolamento europeo 536 del 2014 ha uniformato il processo di valutazione e autorizzazione di uno studio clinico condotto in più Stati membri. “La norma comunitaria, a cui si è adeguato anche il nostro Paese – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM -, ha stabilito principi fondamentali che riguardano la standardizzazione e l’uniformità dei processi e del fascicolo autorizzativo, la semplificazione amministrativa, la certezza dei tempi di valutazione e approvazione, la garanzia di qualità e del monitoraggio degli studi clinici e la partecipazione e informazione consapevole dei pazienti”.
Come previsto dal Regolamento europeo, nell’ambito degli studi multicentrici profit e no profit è necessario identificare le caratteristiche dei trial per definirne il livello di complessità e le rispettive caratteristiche richieste per i centri, elementi questi che dovranno rappresentare un riferimento per i Comitati Etici. Nella sottomissione di uno studio, il promotore è garante che i centri selezionati presentino i prerequisiti che ne permettano insieme lo svolgimento in sicurezza per i pazienti ed il mantenimento di una buona qualità nelle procedure cliniche e nella gestione dei dati.
“Nel 2022 – sottolinea Carmine Pinto – sono state evidenziate importanti differenze nel numero di sperimentazioni valutate dai singoli Comitati Etici, che vanno dal 10% del totale allo 0,2%. Queste marcate differenze, che sono da imputare a problemi strutturali e organizzativi, ci auguriamo verranno risolte con la piena attuazione della riforma dei Comitati Etici. La ricerca accademica per adeguarsi al Regolamento Europeo risulta penalizzata quindi dalla scarsità di risorse economiche, di personale e tecnologiche, dalle criticità infrastrutturali e dalle numerose e ancora non risolte problematiche amministrative. Inoltre, devono essere ancora definiti alcuni aspetti, tra cui l’identificazione delle caratteristiche dei centri che fanno ricerca, per cui abbiamo già avanzato proposte alle Istituzioni”. “FICOG insieme a FADOI, GIMEMA, ACC e GIDM ha avuto un incontro con i rappresentanti del Ministero della Salute lo scorso giugno – continua il Presidente Pinto -. Da allora non siamo più stati riconvocati. Chiediamo alle Istituzioni di essere ascoltati quanto prima, per non perdere il grande patrimonio di conoscenze prodotto dalle sperimentazioni indipendenti: dagli studi su nuove terapie, a quelli sulle sequenze terapeutiche e sull’aderenza ai trattamenti, sulla qualità di vita e sulla valutazione dell’effectiveness dei nuovi farmaci nella fase post-registrativa”.
“FAVO ritiene assolutamente prioritario il potenziamento della ricerca accademica, perché soltanto attraverso le sue sperimentazioni cliniche sarà possibile dare risposte urgenti ed adeguate alle crescenti ed ancora largamente insoddisfatte richieste di studi e ricerche che abbiano come obiettivo di maggiore rilevanza la qualità di vita, terzo pilastro della Mission on Cancer e successivamente pienamente recepito anche dal Piano Oncologico Nazionale, di recente approvazione – conclude Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) -. La partecipazione diretta ed attiva delle Associazioni dei Pazienti alle sperimentazioni cliniche ed a progetti di ricerca è da tempo una realtà in Europa, mentre in Italia solo FAVO ed UNIAMO hanno ottenuto, nello scorso febbraio, l’approvazione di una mozione alla unanimità da parte della Camera dei Deputati per il riconoscimento del diritto della partecipazione dei Pazienti ai progetti di ricerca che si basino sulla centralità dei malati di cancro”.