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Oltre la malattia

Tumori, aumentano le persone che vivono con la malattia: +17% dal 2010

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Roma, 15 maggio 2015 – La riabilitazione oncologica deve essere riconosciuta nella sua specificità e rientrare nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) garantiti a tutti i cittadini. Oggi non è così. E la mancanza di supporto socio-economico carica di oneri le famiglie, costrette a provvedere a proprie spese alle forme di assistenza non previste dal Servizio Sanitario Nazionale. La denuncia è contenuta nel VII Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi al Senato nel corso della X Giornata nazionale del malato oncologico. Le Associazioni dei pazienti, coordinate dalla FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), chiedono che la riabilitazione oncologica venga inserita tra le prestazioni previste dal DCPM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) sui Livelli Essenziali di Assistenza in corso di approvazione. Nel 2010 erano 2.587.347 gli italiani vivi dopo una diagnosi di tumore, il 4,4% della popolazione. I pazienti guariti, con un’attesa di vita paragonabile a quella delle persone non colpite da tumore, erano 704.648, pari al 27% di tutti i pazienti (20% uomini e 33% donne) e all’1,2% degli italiani. Nel 2015 sono circa 3 milioni (3.036.741) le persone vive dopo una diagnosi oncologica (4,9% degli italiani) con un incremento, rispetto al 2010, del 17%. “Complessivamente, un malato di cancro su quattro può considerarsi guarito a tutti gli effetti – spiega il prof. Francesco De Lorenzo, presidente FAVO -. Questi dati rappresentano un’inversione di tendenza rispetto al diffuso stigma cancro uguale morte. Ma non sappiamo se queste persone effettivamente conducano una vita normale. Sorge quindi una serie di interrogativi sulla condizione in cui versano coloro che hanno sconfitto il cancro dal punto di vista sanitario, sociale ed economico. Oggi è possibile avviare una battaglia politica non solo nazionale, ma anche europea, per abbattere le barriere che impediscono alle persone guarite di avvalersi dei loro innegabili diritti socio sanitari ed economici, finora negati, a cominciare dall’accesso a mutui, assicurazioni sanitarie e servizi finanziari”. Nel 2014 i tumori hanno rappresentato la principale causa di riconoscimento sia dell’assegno ordinario di invalidità che della pensione di inabilità, con un trend in costante crescita negli ultimi anni. “Il Servizio Sanitario Nazionale – sottolinea il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) – trascura sia la fase di riabilitazione post-trattamento acuto sia quella che segue alla remissione totale, argomentando, in maniera inaccettabile, che la riabilitazione oncologica è ricompresa nelle tipologie desunte dall’‘International Classification of Functioning, Disability and Health’ (ICF) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”. In base a quanto stabilito dalla Conferenza Stato-Regioni, la riabilitazione oncologica viene inclusa all’interno di altre tipologie riabilitative, riferite alle patologie articolari, cardio-circolatorie, del linguaggio, dell’apparato digerente, urinarie, mentali e dell’autonomia comportamentale. “Ma il tumore – continua Elisabetta Iannelli, segretario FAVO – è una malattia diversa da tutte quelle elencate e determina bisogni riabilitativi specifici, non assimilabili agli altri. Si tratta di una omissione particolarmente penalizzante per i pazienti, perché gli esiti dei trattamenti anti-cancro possono causare difficoltà non solo fisiche ma anche cognitive, psicologiche, nutrizionali, sessuali, sociali e lavorative. La sottovalutazione di questi aspetti ha portato anche a escludere, quanto meno in forma di consultazione, la voce delle Associazioni dei pazienti dal ‘Patto della Salute’ approvato dalla Conferenza Stato Regioni il 10 luglio 2014”.

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