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AIOM: “l’Italia ancora in ritardo rispetto all’Europa nell’introduzione dei farmaci anti-cancro innovativi”

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Ragusa, 8 maggio 2015 – In alcune Regioni del nostro Paese i pazienti accedono ai nuovi farmaci oncologici anche dopo 600 giorni dopo l’approvazione da parte dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), con notevoli differenze tra Regione e Regione. Il dato emerge dal Convegno nazionale sull’etica in oncologia, promosso dall’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e dalla Fondazione AIOM, che si apre oggi a Ragusa. “L’etica non riguarda solo le scelte di cura e le decisioni di fine vita, ma anche le scelte, le strategie e le priorità del sistema sanitario nazionale – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. È necessario garantire a tutti pazienti le cure migliori in tempi rapidi, eliminando le differenze ancora presenti fra le Regioni. Per questo è necessario aprire il più ampio dibattito su appropriatezza prescrittiva, sostenibilità e diritto alle cure e, quindi, sul ruolo dei prontuari terapeutici regionali e sul rapporto valore/costo dei farmaci. Oggi si stanno affacciando nuove armi efficaci contro alcuni tipi di neoplasia e non possiamo privare i malati di queste opportunità terapeutiche, pur sapendo che anche noi dobbiamo fare la nostra parte, puntando sulla implementazione delle linee guida, razionalizzazione delle spese e organizzazione in rete”. Nel 2014 sono stati diagnosticati 365.500 nuovi casi di tumore nel nostro Paese. Il 30-35% giunge alla diagnosi in fase avanzata di malattia. Al Convegno di Ragusa ampio spazio anche ai temi dell’etica nella scelte di cura e di “fine vita”. Con 40 strutture certificate dal 2005 al 2014, l’Italia è al primo posto in Europa per numero di centri accreditati dall’ESMO (Società Europea di Oncologia Medica), che garantiscono l’integrazione precoce delle cure palliative con le terapie antitumorali. Oggi sono stati realizzati importanti passi in avanti rispetto al passato. “Da un lato – continua il prof. Pinto – il numero di morti per tumore all’interno degli ospedali italiani continua a scendere del 10% ogni anno. Dall’altro aumentano i pazienti terminali assistiti a casa, sono stati 52mila nel 2014, almeno il 30% in più rispetto agli anni precedenti. Ma le cure simultanee, che implicano l’integrazione tra terapie oncologiche e cure palliative dal momento della presa in carico del paziente con malattia metastatica, non sono ancora completamente realizzate nel nostro Paese. Richiedono infatti una più forte sinergia tra ospedale e territorio. I sintomi fisici correlati al cancro, insieme ai disagi psicologici, sociali e spirituali che subentrano nella evoluzione della malattia, condizionano in modo preponderante la qualità della vita del malato e del suo nucleo familiare”. Negli ultimi anni un numero consistente di studi, condotti in pazienti oncologici in fase metastatica, ha evidenziato l’utilità di associare in modo sistematico alle terapie antitumorali anche le cure palliative, ottenendo non solo un beneficio su tutti i parametri di qualità della vita, ma in qualche caso anche un prolungamento della sopravvivenza. Le cure simultanee hanno dimostrato inoltre di ridurre i costi e sono considerate oggi il paradigma della migliore assistenza per il malato oncologico in fase avanzata. “E ancora – aggiunge il prof. Pinto – non dobbiamo tralasciare il campo del valore dell’etica nella ricerca. La scelta degli obiettivi degli studi clinici dovrebbe sempre più partire dal problema/bisogno clinico e non solo dal farmaco”.

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