Souloncology

Oltre la malattia

Il taxotere: quarto e quinto ciclo dal tunnel di Laura

Finiti i tre cicli di FEC, iniziamo con il valzer (un, due e tre) del Taxotere. Amico che viene in pace o nemico come il trittico precedente a base di Campari Rosso? Ipotesi e testimonianze piuttosto discordanti. Io mi presento al quarto appuntamento con la chemio con il mio bel Port e con un’aria da turista domenicale sempre dovuta all’effetto degli psicofarmaci.

Bombe di cortisone intrachiappa, passano pochi giorni per fare amicizia con l’astenia. Inizialmente credevo che si indicasse con questo termine la mancanza di appetito, mentre ho avuto modo di sperimentare e apprezzare cosa vuol dire non riuscire a muovere un dito per la stanchezza cronica! E lì poco fanno anche gli psicofarmaci!
Ho quindi giaciuto per una settimana nel letto, prendendo la forma del cuscino, poi quella del piumone e poi quella del mucchio indistinto di cosa aggrovigliata sotto le coperte. Unico svago fissare la serranda e contare i buchi in verticale e orizzontale x fare il conto dei buchi per metro quadro. In alternativa, complessi calcoli per conteggiare i minuti che mancano al Natale e alla fine di questo anno di merda (ops..si può dire merda??).

La sensazione dal punto di vista sociale è stata quella “piacevolissima” di essere trattata come una malata terminale: si affacciano a turno con la testa nella stanza per verificare che respiri, e subito evitano qualsiasi interazione che possa fagocitarli nell’obbligo di scambiare due chiacchiere, anche perchè c’è poco da dire e la domanda:”come stai?” é vietata da una nuova convenzione di Ginevra!

Compagno dell’astenia si riaffaccia l’adorabile mughetto, della serie “ti spunta un fiore in bocca”, sempre meglio di una petunia o di un cardo. L’ istinto è quello disperato di succhiare uno zampirone alla citronella piuttosto che accogliere altri 7 giorni del fantastico Diflucan, ma alla fine è efficace e ce ne si fa una ragione!
E con il Taxotere ho scoperto cosa vuol dire “alterazione del gusto”! Questa definizione corrisponde a sentirsi un affare ingombrante e mezzo impampsico in bocca, prima conosciuta come lingua, e un perenne sapore di sale, a volte spendidamente tendente all’amaro cicuta, come unica accoglienza a ciò che si decide malauguratamente di introdurre in bocca. Tutto sa di sale, dal miele allo zucchero, tranne la carne che vira al metallo e l’acqua che dà di ammoniaca (confortante)… insomma sembra di essere una capra.

Intanto gli psicofarmaci ti mantengono in vita, anche quando assisti impotente all’ultimo degrado della tua immagine: il tuo aspetto… I capelli sono ormai un lontano ricordo, ormai sei ricoperta di una peluria rosa implume, mentre le unghie decidono di virare al giallo maculandosi di marrone (effetto giaguaro che fugge), il tuo colore prevalente é il sottobosco, con occhiaie violacee e qualche tocco di giallo ocra. Insomma metti insieme i nuovi colori autunnali dell’ultimo make up di Dior! Fai tendenza, ma fai anche schifo! E lì non ti salva neanche il fondotinta!!! L’importante è farsene una ragione e continuare a credere a chi dice che tornerai quella di prima…

L’espressione intanto diventa vacua e assente e finisci sempre di più con il maturare una spaventosa quanto inquietante somiglianza alla testina di polistirolo che tiene in piega la parrucca! Quanto ai peli, non c’è più un’ombra di ciglia o sopracciglia, hai quindi quella bella faccia da chemioterapizzata, mentre a me sono rimasti i peli alle gambe, tanto per gradire, e due ciuffetti distinti e separati in 7 peli a sinistra e ben 12 a destra sulla parte alta della “cosina”, giusto per ricordarmi che sono ancora una pseudo femmina, e sono anche antiesteticamente lunghi!

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