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Oltre la malattia

Capo, ho un tumore. Come si fa con il lavoro?

La diagnosi è stata confermata. E ora cosa dico in ufficio? Certo non si può tenere nascosto un tumore sul posto di lavoro. E se lo dicessi solo al capo?

Come se non bastasse l’ansia per la malattia, dobbiamo porci il problema del posto di lavoro che si snoda su due piani distinti e conniventi: un piano strettamente professionale, su cui interferiranno le giornate di malattia, la sensazione di non poter sostenere gli stessi ritmi e le stesse performance cui siamo abituate, ed un piano umano, fatto di relazioni sociali, di colleghi che speriamo non si rivelino invadenti e non vogliamo che ci guardino con commiserazione.

La legge tutela i lavoratori malati di tumore con apposite normative, ma questo non è sufficiente a conciliare il lavoro e la malattia. Negli ultimi anni si è posta molta attenzione a questa problematica che ha delle ricadute consistenti sia sulla sfera privata sia su quella sociale, con costi tangibili ed intangibili ingenti per tutto il sistema. Molte persone affette da tumore perdono o lasciano il posto di lavoro, in particolare le donne che spesso decidono di non rientrare neppure dopo la fine delle terapie e l’avvenuta guarigione.

Eppure i dati dimostrano che negli ultimi dieci anni in Italia le guarigioni da tumore sono in costante ed incoraggiante aumento, con oltre 800mila lavoratori perfettamente riabilitati dopo forme di cancro anche gravi ed impegnative. Perché allora tante difficoltà ad affrontare questa malattia sul posto di lavoro?

Persiste ancora un sottile tabù, ed è compito di tutti impegnarsi ad abbatterlo.

Avere un tumore non significa dover smettere di lavorare, non subito e non in tutti i casi. Ci sono lavori, come quello d’ufficio, che spesso si possono proseguire in quasi tutte le fasi della malattia. Altri, stancanti o pericolosi, non sono sostenibili per il malato. Ma gli studi del Censis dimostrano che oltre l’80% dei pazienti oncologici chiede ed ottiene cambi di incarico per mantenere comunque l’attività. Parlare con i datori di lavoro può servire a determinare con fiducia e chiarezza il lavoro da svolgere durante il corso della malattia, in modo da tranquillizzarci rispetto ai nostri impegni e a mantenere limpido il rapporto evitando aspettative temporaneamente insostenibili.

Riguardo colleghi o clienti, certo non è piacevole sentirsi osservata e ancor meno ricevere trattamenti differenti, specie se accompagnati da compassione. Ma anche qui la cosa migliore è mostrarci determinate a mantenere i rapporti professionali scevri da dinamiche private. Se non vogliamo raccontare quello che ci sta accadendo, possiamo semplicemente non farlo e continuare ad essere gentili e riservate senza dare adito ad intromissioni. Se invece abbiamo una collega fidata, può essere di grande aiuto confidarle il problema, anche senza scendere nei particolari.

Non dimenticate che la malattia non è una colpa e che avete dei diritti. Se incontrate dei problemi sul posto di lavoro, rivolgetevi alle sedi competenti. Per ottenere maggiori informazioni riguardo tumori e professione potete consultare “I diritti del malato di cancro” realizzato da Aimac insieme all’IIMS (Istituto Italiano di Medicina Sociale).

A cura di Emanuela Valente

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