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Oltre la malattia

La femminilità non si asporta

Quando una donna – giovane o meno che sia – scopre di avere un tumore, davanti a lei si apre una strada difficile che associa alla gravità della malattia e alla pesantezza delle terapie anche un altro aspetto da non sottovalutare: la necessità di rinunciare all’immagine fisica precedente e dover accettare un nuovo aspetto, che bisogna imparare ad accettare ed amare.

Quando poi si tratta di un tumore al seno che comporta una mastectomia, l’impatto della malattia è ancora più elevato. Inutile fare finta che non sia poi così importante: il seno è una parte non solo anatomica importante nella vita di una donna, ma non deve essere confuso con la sua femminilità.

Deborah Hobler Kahane nel suo libro No Less A Woman – Femminilità Sessualità e Tumore al Seno, scrive: “Forse uno degli aspetti più dolorosi di questa esperienza è la convinzione che una donna operata sia meno donna” . Ma, prosegue, la femminilità è qualcosa di intrinseco, che non si può asportare con una mastectomia e cita François Giraud, il giornalista e politico svizzero che considera assurda la parola “perdita” quando si parla di femminilità: “Come se la femminilità fosse una cosa che si può perdere, come un portafoglio: Mm..dove accidenti avrò lasciato la mia femminilità?!”

Imparare a separare i due concetti è fondamentale e non è poi così difficile accettarsi anche dopo una mastectomia, se si comprende che l’essere donna non risiede in un decolleté perfetto e che la bellezza esteriore non è sinonimo di felicità.
Anzi, la maggior parte delle donne operate di mastectomia ha dichiarato di avere riscoperto una nuova scala di valori e di sentirsi addirittura più felice perché ha imparato ad accettarsi più di prima, a rivedere le priorità dando valore a cose che prima erano scontate, a vivere in maniera consapevole ogni momento riprendendo in mano la propria vita. In generale, se si affronta questo
percorso, alla fine ci si riscopre più forti e si impara a volersi più bene.

A cura di Emanuela Valente

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