Souloncology

Oltre la malattia

Dipingi, suona, balla: l’arte è terapia.

Non è una scoperta recente: anche gli antici Egizi, i Greci e i Romani conoscevano il grande potere terapeutico dell’arte. Ma è vero che solo ultimamente i laboratori di arte terapia stanno guadagnando una posizione ufficiale al fianco dei tradizionali metodi di cura

, specialmente per quelle malattie che, come i tumori, mettono a dura prova la stabilità emotiva e psichica dell’individuo. Esprimersi attraverso un disegno, ballando o suonando uno strumento non è dunque solamente un modo di comunicare attraverso l’arte ma una vera e propria seduta terapeutica in grado di liberare le emozioni più profonde, anche la rabbia e le paure, imparare a conoscerle, a farle fluire, a gestirle.

L’art-therapy è un interessante modo di esprimere specifici aspetti emozionali o fisici attraverso l’arte” conferma Paolo Marchetti, Direttore di Oncologia Medica all’Ospedale Sant’Andrea di Roma, dove è in corso uno studio clinico per valutare l’impatto dell’arte terapia sui malati oncologici. “Molte esperienze pubblicate su riviste di rilievo internazionale – prosegue Marchetti – hanno dimostrato che l’art-therapy consente ai pazienti di esprimere le proprie emozioni migliorando il rapporto con gli altri e riducendo ansia, depressione e  dolore. Il nostro obiettivo – conclude – rimane la possibilità di fornire risposte ai bisogni dei pazienti oncologici, al di fuori ed oltre la somministrazione di farmaci.”

Purtroppo sono ancora pochi in Italia i centri oncologici in grado di offrire ai propri pazienti un supporto di arteterapia, ma vi sono molte associazioni in ogni parte del territorio cui potersi rivolgere per intraprendere il percorso artistico preferito (non è necessario  possedere doti artistiche!) , oltre alla possibilità sempre valida di trovare da sé un proprio hobby da coltivare.

Lo racconta anche Annick Solange Augier, autrice del libro “Il cancro ha guarito la mia vita”, che dopo due cancri consecutivi alla mammella decise di reagire trasformando la sua in una “malattia creativa”. “Mi sono ammalata una seconda volta – racconta – e finalmente ho capito che volevo capire. Ho tradotto sulla tela, l’una dopo l’altra, la mia evoluzione. Non torno più indietro.”

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